AS: M as Master
Per la serie M, ü si occupa di Anton Stankowski a 110 anni dalla nascita, prendendo spunto dal favoloso volume edito da Hatje Cantz, purtroppo esclusivamente in tedesco ed inglese, ne ripercorriamo la vita e le opere. Essendo impossibile fare ciò in un unico post, lo spezzeremo in più parti. La prima, questa, è dedicata alla sua biografia, che ha il fascino che soltanto la vita di personaggi di questo calibro può regalare. Nelle prossime «puntate» si analizzeranno aspetti specifici del suo operare.
Nato il 18 giugno 1906 a Gelsenkirchen, Anton Stankowski cresce nella Ruhr, la base industriale tedesca che ha sviluppato ogni innovazione tecnica e sostenuto sbilanciamenti e crolli economici. Lo spirito moderno del suo land, dove spende i suoi anni di apprendistato e di studio, ha consolidato in lui la sete per la conoscenza e lo stimolo creativo nel campo dell’arte e della tecnologia. La mentalità aperta e la curiosità vivace per ogni aspetto del design hanno determinato il corso della sua vita non solo lavorativa sin dalla gioventù. Egli proviene da una famiglia di origine prussiana dalle solide basi tradizionaliste. Andrà in Prussia per riparare dalle guerra e tornerà nella Ruhr dove a 14 farà, brevemente, il minatore.
Dopo l’apprendistato da decoratore e pittore di chiese per l’artista di Gelsenkirchen Franz Pusch, inizia nel 1923 a studiare alla Scuola d’arti e mestieri di Essen sotto la direzione diMax Burchartz (che faceva parte del De Stijl). Oltre ai laboratori di arti grafiche e tipografiche, già sperimentate dalla tradizione tedesca con il Bauhaus, ad Essen avevano già aperto una classe di fotografia, corso che al Bauhaus viene inserito solo nel 1929.
Dopo la scoperta del camera oscura nello scantinato del bidello quasi per caso, gli allievi della classe di Burchartz lo trasformeranno in un laboratorio per la fotografia sperimentale. Lo stile «oggettivo» che viene adottato è evidente nei foto-reportages Stankowski della Ruhrgebiet prodotto in quel periodo, ma anche in Lotte (Auge) di Burchartz, una fotografia leggendaria del 1927, che ispirerà Stankowski. Sin dall’inizio ha inserito le sue fotografie così com’era nell’allora emergente stile di pubblicità. Infatti, nel “Die neue Typographie”, il testo fondamentale per il nuovo design di Tschichold, pubblicato in 1928 dall’associazione educativa di editori tedesca, nel capitolo “la fotografia e la tipografia” viene presentata una pubblicità per l’associazione di estrazione e manifattura dell’acciaio di Bochum che consiste di un fotomontaggio tipografico progettato da Burchartz stesso. Con Burchartz e la Canis Agency, inizia a studiare le prime identità visive e le teorie grafiche funzionaliste. Nel 1927 viene fondata il «Ring neuer Werbegestalter», gruppo nel quale viene presto annesso anche Stankowski per la quale svolge il suo primo progetto di design. Si tratta dell’immagine visiva della catena di drogherie Hill e per la ditta di forniture per ufficio Fortschritt. Ancora studente disegna una cabina per l’Associazione della Bassa Renania-Westphalia di editori di quotidiani per la fiera Presse di Colonia del 1928. Occasione nella quale ha la possibilità di incontrare El Lissitski che, per l’occasione, ha progettato lo spettacolare padiglione russo.
Parteciperà alla fiera anche il design svizzero Max Dalang che, formatosi negli Stati Uniti, visto il fotomontaggio Antiwar di Stankowski presentato alla mostra Film und Foto di Stoccarda del 1929, decide di invitarlo a Zurigo presso il suo studio. Qui sarà uno dei pionieri del costruttivismo svizzero nella grafica commerciale, uno stile che diventerà uno standard in tutto il mondo. Nel 1929 Anton Stankowski si sposta a Zurigo, in Svizzera, per lavorare con lo studio di comunicazione pubblicitaria più rinomato del tempo, quello di Max Dalang, appunto. Dalle memorie del 1991 di Stankowski si può leggere: “l’agenzia di Zurigo mi ha assunto su raccomandazione di Burchartz verso la fine di 1929. Ho lavorato inizialmente come fotografo, ma presto ho avuto l’opportunità di progettare grafiche commerciali…. In poco tempo abbiamo aperto un reparto speciale per la pubblicità per il settore merceologico che funzionava più o meno indipendentemente dallo studio principale…. L’oggettività della fotografia e la sintesi di tutti gli elementi soggettivi ha reso questo stile pubblicitario molto popolare fra le industrie svizzere.” “Le fotografie di Stankowski ci raccontano la storia degli oggetti. Narrano della loro materia, la cui qualità è pronta da toccare, in una ripetizione standardizzata che equivale all’atto di produrre l’oggetto stesso. Una mediazione didattica tra produttore e consumatore facendo trasparire i calcoli e i cicli produttivi. In queste immagini appare il mondo degli oggetti, in una raffinata gradazione di toni grigi e di trame, contrasti di luci e ombre, dettagli insoliti, che colpiscono l’immaginazione, prospettive estreme, distorsioni o sottolineature dei particolari isolati. Studia soluzioni che rivoluzioneranno la pubblicità di motori, lavorando con doppie esposizioni, specchiature e montaggi. Egli ha donato un volto, un’identità, alla sterminata collezione di beni di consumo del mondo industriale contemporaneo.” Guido Magnaguagno.
I primi lavori conosciuti, prodotti per Max Dalang sono datati 1930. Grazie principalmente ad Hans Neuburg, copyrighter e pubblicitario dell’agenzia, Stankowski diventa amico con numerosi grafici svizzeri e fotografi come Heiri Steiner, Alois Carigiet, Jürgen Corey, Herbert Matter, Verena Loewensberg e Richard Paul Lohse che subaffitta una stanza a Stankowski in Hofackerstrasse.
A 21 anni, nel 1927/28, Anton Stankowski inizia a creare montaggi tipo-fotografici di natura oggettuale e funzionalista costruendo le presentazioni di proposte pubblicitarie. Sin dall’inizio usa il punto di vista del fotografo, innovativo per il periodo che lo inserisce tra i pionieri della nuova visualizzazione o “new seeing”. Nel progetto per imballaggi, volantini e annunci per la catena di drogherie Hill, del 1929, prende l’Akzidenz Grotesk come standard contribuendo alla definizione di quello che sarà un’icona dello stile elvetico. Allo stesso modo progetta con una visione innovativa il materiale d’ufficio per la ditta “Forschritt” anticipando il bilanciamento degli spazi bianchi. Dal 1928 egli lavora ad un «Gestaltungsfibel», un manuale di design sottotitolato “esperimenti nel possibile” nel quale mantiene aperta la porta sia all’arte libera che applicata. I suoi notebook e i diari dimostrano come per tutta la vita rimarrà a cavallo tra entrambe le forme. La sua vita curiosamente corre parallela con quella di Max Bill, che tornerà a Zurigo da Dessau nel 1928 e inizierà la sua carriera aprendo lo studio bill-reklame. Essi non lavoreranno mai assieme e l’unico momento di collegamento tra i due si ha con la fondazione del gruppo “die Augen”, nel tardo 1929, che vede come membri Albert Welti, Hermann Eidenbenz, Heiri Steiner, Max Bill e Anton Stankowski, che usa lo pseudonimo Schwarz, nero. Cambiò il cognome perché non era abbastanza svizzero. Il gruppo non riuscirà a fare un gran che, l’unico pregio è nel fungere da precursore al gruppo Allianz che Bill fonderà dopo pochi anni. In Svizzera sviluppa la sua visione costruttiva del graphic design studiando le più aggiornate concezioni tipo-fotografiche.
Durante questi anni Stankowski completerà la sua “Teoria del Design” dove analizza le forme espressive fondamentali, anche perché in quegli anni la Svizzera diventa un porto sicuro per l’Arte Concreta.
“Nei primi anni 30, Stankowski è semplicemente il graphic designer più progredito che c’è a Zurigo. Egli introduce il concetto di obliquo nel manifesto. Crea fotomontaggi, Tuttociò era completamente nuovo. Ed influenzava anche molto.” Verena Loewensberg.
Il lavoro pubblicitario per l’agenzia di Max Dalang comprendeva anche annunci per i prodotti dell’Injecta e Thécla. Nel frattempo, il suo impegno come fotografo includeva non solo la questione sull’oggettività, che perpetuerà sino alla fine, ma anche esperimenti di esposizione multipla, diretta, superimposition, distorsione e sfocature. Nel 1933 Anton sposa Else che lo aveva seguito da Bochum per scappare dalla Germania nazista. Dopo tre anni a Zurigo le autorità elvetiche decidono di ritirargli il visto ed espellerlo immediatamente, è il 1934. Come prima sistemazione andrà dal suo amico Hans Neuburg a Basilea, da dove scriverà al fratello Albert, che nel frattempo era riparato a Merano dall’estato del 1930: “Devo lasciare questa splendida terra e il cantone di Zurigo ha già chiuso le sue porte per me, sono ora a Basilea da un amico. Sono obbligato ad andarmene, il mio datore di lavoro, Max Dalang ha cercato di aiutarmi e tenermi con lui, ma le autorità hanno rifiutato. Se puoi, cerca di informarti se la polizia, in Italia, permette il lavoro agli stranieri. Per quanto mi riguarda, posso solo considerare la possibilità di lavorare in una grande città”. Riparerà a Lörrach, sul confine con tra Germania e Svizzera, ma andra di tanto in tanto, illegalemente, a stare a Zurigo, presso la ZettHaus di Hans Matter e continuerà a lavorare per clienti svizzeri, incluso Max Dalang, fino al 1938. Usando lo pseudomino “Anton” fotografa per il magazine “Föhn” ed insieme alla moglie produrrà il magazine “Kochen”, divenuto oggi un classico esempio di fotografia oggettiva combinata con tipografia funzionalista. Il suo interesse per gli elementi obliqui - ricordiamo che il suo mentore, Max Burchartz, faceva parte del DeStijl - influenza i manifesto che disegna, come ad esempio i due per Sulzer e Liebig come le brochures per Dalang del 1938, inclusa una per le macchine da lavoro del gruppo Bührle in preparazione della mostra nazionale Landesaustellung prevista per il 1939 a Zurigo.
Nel 1938 andrà a Stoccarda per lavorare come progettista grafico freelance assieme ad Emil Zander, anch’egli studente alla Folkwang Schule. Attraverso l’agenzia di Walter Cyliax, inizia a collaborare come fotografo per Stuttgarter Illustrierte per il quale adotta lo stile già sviluppato in occasione del lavoro per l’analogo periodico Züricher Illustrierte.
Si arruola nella Wermacht nel 1940 e partecipa alla campagna di Russia e fu prigioniero di guerra fino al 1948. Al suo ritorno trova il suo studio ed ogni sua cosa ed opera distrutto. È l’occasione, obbligata, per un nuovo inizio. Ha 42 anni. Stoccarda negli anni 50 sarà all’avanguardia nel design grafico e sarà grazie a personaggi come Willi Baumeister e Stankowski, il primo con una predilezione per l’irrazionale e “lo sconosciuto”, piuttosto che per il costruttivo ed il razionale del secondo. Baumeister e Stankowski possono essere considerati i due poli d’influenza di quegli anni, anche se limitata, dato che Stankowski inizialmente non ha cercato un pubblico per le sua opera artistica e raramente la svelava. Comunque, i due punti di vista hanno provocato un dialogo vivace e continuo, in quanto se da un lato Baumeister preferiva mitologie e mistificazioni, Stankowski cercava, viceversa, di demistificare e spiegare visualizzando i concetti e i problemi in modo da non aver bisogno delle parole. Questa mentalità lo porterà vicino alle teorie dell’estetica dell’informazione esposte allora dal filosofo Max Bense, che viveva ed operava anch’esso a Stoccarda. È il 1950. Lavorerà per il periodico “Stüttgarter Zeitung” come editore, designer e fotografo. Nel 1951 apre il suo studio. Con Baumeister, Bense, Cantz, Eiermann, Mia Seeger ed altri nascerà un nuovo circolo culturale. Nel 1954 gli viene chiesto di progettare il padiglione tedesco per la Triennale del design di Milano e, proprio in quel periodo inizierà a riesumare i lavori e le idee che aveva sviuluppato nel periodo prebellico. Già l’anno prima, per la Standard Elektrik Lorenz di Stoccarda aveva disegnato un marchio funzionalista che condensava le due funzioni base della telecomunicazione: trasmissione e ricezione in un solo, forte segno grafico. È esattamente questo tipo, succinto, sintetico, di visualizzazione della tecnologia e dei temi sociali che hanno portato Stankowski un gran numero di contratti di lavoro per il disegno di marchi, logotipi e slogan.
“Free and applied are one and the same”
Era questo il motto che egli propaganda e pratica per tutta la vita. Nel 1957 scrive un testo per un film, una sorta di rivisitazione della sua Gestaltungsfibel degli anni 20 e 30. Il film ha lo scopo di presentare diversi fenomeni naturali e tecnici come temi di interesse generale per il graphic designer. Includeva le caratteristiche sulla legge di dispersione, onde e modelli ritmici, unità della misura e proporzioni, aperture e coincidenze, costruzioni e segnali, simmetria ed asimmetria, positivo e negativo, strutture, forme fluide, contrasti, progressioni, colore, astrazioni, movimento (cinetico), forme determinate e connessioni. Il parallelo tra queste esplorazioni analitiche e la nuova arte concreta era chiaro. Nonostante il fatto che l’arte concreta appartenesse al campo delle arti “libere”, pubblicamente dichiarava e sottolineava l’aspetto di arte applicata al lavoro. Ad una delle sue mostre personali alla galleria Behr di Stoccarda, nel 1958, espose nient’altro che i suoi marchi e logotipi. Infatti, la sua più famosa creazione fu il marchio della Deutsche Bank, ancora oggi in uso che consiste in un quadrato che genera il suo dinamismo dalla comparsa della sua diagonale. In questo periodo inizia a progettare edifici e spazi pubblici. Tutto comincia con la creazione di rilievi e oggetti tridimensionali come lo Stankogramme, creato per la città di Bonn tra il 1973 e il 1977. Sempre affascinato dalle forme oblique, usa frequentemente variazione dello stesso elemento di partenza come ricerca visiva, a volte la combinazione degli elementi tra di loro dava la parvenza di forme in volo.
Lavorerà come graphic designer per IBM, SEL ed altri e la sua grafica funzionale inizia a diventare un’icona. Negli anni sessanta disegna l’ormai l’immagine istituzionale della città di Berlino e le immagini per Iduna e Viessmann. tra il 1969 e il 1972 è presidente del comitato per il visual design per le olimpiadi di Monaco 72. Dal 1975 si associa con lostudio di arti grafiche di Karl Duschek.
Gli anni 70 hanno visto la creazione dei marchi famosi, come quello per la Deutsche Bank, il Münchner Rückversicherungen, REWE ed ed il congresso olimpico Baden-Baden. Nel frattempo disegnarà un gran numero di marchi e identità visive. Per Anton stankowski non si sente la separazione tra arte “libera” ed applicata. Infatti molti dei suoi lavori pittorici e fotografici coinvergono entro le sue direttive grafico-visive funzionaliste. da metà degli anni settanta in poi aumenta la produzione di opere pittoriche. Tutta la sua produzione artistica dai primi anni venti ai novanta manifesta una continuità nella ricerca concretista e costruttivista. Questo si può notare in tutte le mostre sulle sue opere dal 1928 in avanti. Nel 1976 il land Baden-Wurttemberg gli conferisce una cattedra d’insegnamento ed inizia a raccogliere numerosi premi e riconoscimenti per la sua opera di pioniere del graphic design. Nel 1983 fonda l’associazione no-profit Stankowski Stiftung che premia con scadenza biennale persone ed istituzioni che operano per superare la separazione tra arti ”libere” ed applicate e il design. Esattamente come Anton stesso farà per tutta la sua vita. Muore l’11 dicembre 1998 a Esslingen sul Neckar.
biblio & links. la biografia è basata su informazioni di Stankowski stesso, registrate su cassetta da lui stesso per un progetto di conversazioni con diversi artisti chiamato Anton Stankowski. Das Geramtwerk 1925-1982.
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autori vari: Stephan von Wiese, Jörg Stürzebecher
bio | Stankowski 06 |
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Illustrazioni
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sx Berlin Layout, copertina, 1968. Gli elementi lineari del sistema visivo della città di Berlino si adattano ad ogni formato, in particolare l’asticella verticale che divide il logotipo della città (l’elemento fisso) con i testi, si sposta in orizzontale in maniera da permettere infinite varianti.
dx gli elementi di costruzione del marchio della Deutsche bank sono illustrati nel manuale di Corporate Identity, 1973.
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sx Perspektive, matita e inchiostro su carta, 29,4 x 20,7 cm, 1928; dx il Punto speciale (separato), 1929, inchiostro su carta, 14,9 x 21,0 cm,
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Auguri di buon anno per Kurt Kraus, silografia, 14,8 x 10,5 cm, 1941.
Questo ed i due lavori successivi dimostrano la dimestichezza raggiunta da Stankowski con la tipo–fotografia, pratica fortemente sperimentata sin dai tempi della Folkwang Schule di Essen.
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sx Copertina Brochure Sulzer, 21 x 29,7 cm, 1934; dx Brochure Frei und Kassel, 14,8 x 21 cm, 1939. Fotografia di Anton Stankowski. I soggetti della fotografia sono Richard Paul Lohse e Hans Trommer, inizio anni trenta.
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sx Skizzenbuch Nr. 72, Titel, 1991; dx Skizzenbuch Nr. 10, pagina 7, 1959.
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Annunci pubblicitari su quotidiano “SEL communications engineering”, 1962. Tutti gli annunci, i marchi e i materiali di comunicazione vari manifestano l’associazione mentale con la funzione di “radio”: trasmissione e ricezione.
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sx marchio Kreissparkasse Esslingen-Nürtingen, 1986; dx marchio Viessmann, 1960. I manifesti 6×3 sono stati allestiti per le mostra del 2006 per il centenario della nascita di Stankowski a Stoccarda e Bottrop.
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Piccole Sculture, Sculture Seriali, 9×9x9 cm, acciaio inox, 1983-86.
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